giovedì 13 ottobre 2016

Il fantasma delle Cheradi

Durante il dominio napoleonico in Italia, anche le Isole Cheradi (in ordine di grandezza: San Pietro, San Paolo e la scomparsa San Nicolicchio) furono strappate ai Borboni da Napoleone che voleva fare di Taranto l'alternativa militare a Malta.
Nel 1803 inviò Pierre Ambroise François Choderlos de Laclos, generale dell’esercito napoleonico, al comando della Riserva di Artiglieria dell’Armata d’Italia di stanza a Taranto; a cui affidò il compito di proseguire la costruzione di un forte, iniziata nel 1801,  che avrebbe dovuto avere un ruolo determinante per la difesa della città designata a diventare l'avamposto dell' Imperatore nel Mar Mediterraneo.
Il generale Laclos s’impegnò per riaccomodare vecchi fortilizi borbonici, che l'isola di San Paolo fosse fortificata e vi si costruisse una specie di piazzaforte.
Monsignor Blandamura scrisse che:  "De Laclos, nonostante fosse malato di malaria, come molti soldati napoleonici che avevano preso parte alle campagne in zone torride e paludose, “nondimeno egli s’oprò in Taranto per mettere le cose del mare in perfetta efficienza bellica (…) sistemando fortilizi che sorgevano lungo le nostre coste".
Nonostante lo spirito combattivo, dopo 54 giorni di febbre, morì di dissenteria il 15 settembre 1803, nell’ex convento di San Francesco nel borgo antico.
Laclos fu un grande generale con la passione per la letteratura. Scrisse solo un libro, lo scandaloso ‘Les liaisons dangereuses’ (Le relazioni pericolose) diventato un capolavoro della letteratura francese.
Scandaloso, libertino, uomo eclettico quanto sfortunato, da  rivoluzionario convinto, Laclos, in punto di morte,  rifiutò i conforti religiosi. Ciò gli precluse la sepoltura in terra consacrata. Avendone però già espresso il desiderio, venne seppellito nella piazza d’armi del Forte di San Paolo, che da allora prese il suo nome.
I francesi occuparono Taranto a più riprese, la più lunga delle quali dal 1806 al 1815 e Forte Laclos, con una estensione di 6000 mq e la sua posizione strategica al centro delle bocche d'accesso al Mar Grande, ricoprì un ruolo fondamentale nella difesa della città avamposto di Napoleone nel Mediterraneo.
Nel 1814 fu chiamato il cavaliere Cataldo Galeota, sottintendente del distretto di Taranto, a fare un preventivo per il restauro del forte, il quale stimò in duecento ducati la cifra necessaria per sistemare la tomba del generale ma l'imminente caduta di Napoleone non favorì l'operazione. I Borboni, ritornati a Taranto, eliminarono i traditori,cacciarono gli invasori, e Distrussero la tomba del generale disperdendo i suoi resti in mare. 
Il Blandamura a riguardo scrive che  le spoglie del generale francese non ebbero “il riposo del sepolcro nell’acre solitudine dell’isoletta”, e che “soldatesche indisciplinate ed incoscienti poco dopo, infranta la tomba, le dispersero vandalicamente”. 
 
Da questo nasce la legenda del fantasma temuto dai pescatori che, nelle notti di tempesta evitano di passare tra le Isole, per non sentire i lamenti di un uomo che vaga sugli scogli alla ricerca della pace eterna che gli è stata negata.
Per i vecchi pescatori l'isola di San Paolo porta male, e il fantasma del generale è responsabile di tutti i naufragi della zona.
Con l’Unità d’Italia. Sulle rovine del Forte furono installate la Batteria Ammiraglio Aubry e la Torre Corazzata Vittorio Emanuele II.

Oggi di quelle fortificazioni resta la torre corazzata ancora ben conservata, e i basamenti, rivestiti di blocchi di calcare provenienti dalla Murgia tarantina e sulla cui superficie si possono osservare resti fossili, più unici che rari, di un organismo bivalve che viveva cento milioni di ani fa e di cui non esiste altra traccia al mondo.




martedì 11 ottobre 2016

Chiacchiere e tabacchiere



“chiacchiere e tabacchère e legne, ‘u Banche de Napule no ‘ne ‘mbègne”


È un antico modo di dire per sottolineare che con le chiacchiere e le cose di scarso valore non si ottiene nulla.


Le tabacchiere erano oggetti di uso comune, imposte da una moda che, nel settecento, partita da Napoli si diffuse anche a Taranto e rimase in voga sino ai primi anni del novecento.
La tabacchiera conteneva il tabacco da fiuto che serviva per “la pizzicata” con annesso starnuto liberatorio.


Una moda che  si diffonderà attraverso l'aristocrazia e la borghesia, diventando una questione di stile  che coinvolgerà anche i popolani.





Anche il tabacco da naso contava diverse marche e qualità, tra i più pregiati erano l’italiano San Cristoforo, il francese Millefiori, lo spagnolo Pulviglio - usati dai nobili - 
poi c’era il Tabacco del Brasile, tabacco comune che, costando poco, era alla portata di tutti.

Infine c’era il Tabacco di dama, una composizione di muschio, ambra, acqua di rose e fiori di cedro, aromatizzata all’acqua angelica – per le signore –


Si avete letto bene, anche le donne “si prendevano la pizzicata” !

Un’epoca dai costumi alquanto strani. 
Non era consentito fumare per strada, alle donne era assolutamente vietato fumare, pena l’essere classificate di dubbia moralità ma,  la presa di tabacco era consentita a tutti e considerata persino elegante.

Di conseguenza la tabacchiera diventò un oggetto alla portata di tutti, dalle comuni in legno a quelle di lusso in avorio, argento e oro, intarsiate, smaltate e quelle bellissime e preziosissime di Capodimonte che potevano essere personalizzate, facendovi dipingere il ritratto di colui, o colei, cui era destinata.


Gli uomini erano orgogliosi di offrire, alle donne con cui erano in compagnia, una pizzicata di tabacco, sfoggiando le loro tabacchiere, e le donne si "prendevano la pizzicata"  accettando volentieri il graditissimo invito a starnutire insieme!

Voi direte, e gli altri? …. Erano impazienti di sentir starnutire per poter finalmente togliersi il cappello e  gridare: “Salute!” 


 

venerdì 26 agosto 2016

'U Marchese arrive na vota 'u mese



Da un paio di mesi trasmettono una pubblicità che ha immediatamente suscitato perplessità.
Si, parlo di questa:

Cosa vuol dire “ a prova di uomo” ?!?  
E’ un apprezzamento, un insulto o cosa ?!? 
e soprattutto: per chi ?!? 

Ho chiesto a mia madre, 75enne con la licenza elementare, cosa ne pensasse, mi ha risposto: 
< E’ urtànde! >


Geniale! E’ proprio questo il termine giusto, una sola parola che risponde a tutte le domande che vengono in mente guardando quella pubblicità. 

E’ URTANTE!

Urta quel vezzo tutto femminile di “non dire” quello che si deve dire.
Quel pudore che persiste nel tempo e impedisce di usare il termine scientifico che definisce quello che ogni mese affligge le donne, usando sempre termini vecchi e nuovi per sostituirlo e renderlo meno imbarazzante.
Così   le donne nel tempo hanno dato vita ad un linguaggio popolare in cui si riflettono usi, costumi, norme sociali, perché ci sono cose per cui vale il  si fa, ma non si dice” e cose che “non si dicono” e basta, chè  La parola è d'argento ma il silenzio è d'oro.


Gli eufemismi più usati sono:
“ le mie cose",  le regole”, “gli ospiti” , “le visite” , “ i russi” , “i lavori”  , "il ciclo" …..


Certo fanno sorridere ma sono il giusto compromesso per sciogliere la tensione tra la voglia di parlarne e l’imbarazzo nel farlo.
 
Se le mamme sorprendono, le nonne rimangono fantastiche. 

 Per dire che una bambina “ era diventata signorina” dicevano: “Ha ‘rruzzulàte le scale” ?!?

Mentre, l’appuntamento mensile  era
‘U marchese... 
e ...avène na vota 'u mese "
Probabilmente perché i marchesi, nelle occasioni importanti, usavano indossare giacche rosse.
Ma anche perché prima che si inventassero gli assorbenti, si usavano " pezze" o meglio "le pannicijdde"  (i pannicelli)
Ogni corredo degno di questo nome, doveva avere dei fazzoletti di cotone o di lino debitamente rifiniti con punto a giorno e orlati con merletto, tanto da sembrare fazzolettini, simili a quelli che i nobili usavano portare al taschino...impregnati di profumo.


Per tale motivo, quando da un balcone si vedevano " le pannicijdde" stesi in fila ad asciugare, il commento era:
"Vìde vì..... a cummare ha fatte 'u cate d'u marchese! ".

A contrario di quanto si possa pensare, la definizione di “Marchese” travalica i confini provinciali, regionali e temporali, tanto che nella prima edizione del Dizionario  della Crusca del 1612, riporta “marchese” e cita un cavalleresco verso di Francesco Berni (149779 – 1537)
“Un’eccellenza del Signor Marchese, eterno onor del femmineo sesso”

Ma la nonna usava anche un termine più tecnico –“ è indisposta! ”

Non aveva alcun significato medico, ma indicava il lato positivo di  questa “scocciatura mensile”.
Credenza popolare, infatti, vuole che “in quei giorni”  le donne devono evitare di fare buona parte delle incombenze domestiche perchè:
Il pane non lievita, le conserve vanno a male, la crema non si addensa, la maionese impazzisce, la panna non monta…
se tocchi il ferro si arrugginisce, se tocchi uno specchio si appanna, se tocchi le piante seccano, se tocchi la botte con il vino nuovo, diventerà aceto…

Sarà vero? Chissà! 

Vero è che questo argomento è stato trattato, e in modo sublime nella letteratura

 nell’800 Giacomo Leopardi così ne parla:

< seggiole canapè, sgabelli e mense
Letti ed ogni altro arnese, adorneranno
Di lor menstrua beltà gli appartamenti >


Dumas nella "La Signora delle Camelie" - descrive che la protagonista, per segnalare la sua disponibilità usava indossare una camelia bianca per 25 giorni al mese e una camelia rossa quando era indisposta: 

< ‘e nessuno capisce perché’ > - 
scriveva, ma lui capiva benissimo.
 




Finisco qui, compiaciuta di:
essere riuscita a dire quel che volevo dire senza dire quel che non si deve dire!