Da un paio di mesi trasmettono una pubblicità che ha immediatamente suscitato perplessità.
Si, parlo di questa:
E’ un apprezzamento, un insulto o cosa ?!?
e soprattutto: per chi ?!?
Ho chiesto a mia madre, 75enne con la licenza elementare, cosa ne pensasse, mi ha risposto:
< E’ urtànde! >
Geniale! E’ proprio questo il termine giusto, una sola parola che risponde a tutte le domande che vengono in mente guardando quella pubblicità.
E’
URTANTE!
Quel pudore che persiste nel tempo e impedisce di usare il termine scientifico che definisce quello che ogni mese affligge le donne, usando sempre termini vecchi e nuovi per sostituirlo e renderlo meno imbarazzante.
Così le donne nel tempo hanno dato vita ad un linguaggio popolare in cui si riflettono usi, costumi, norme sociali, perché ci sono cose per cui vale il “ si fa, ma non si dice” e cose che “non si dicono” e basta, chè “La parola è d'argento ma il silenzio è d'oro”.
Gli eufemismi più usati sono:
“ le mie cose", “le regole”, “gli ospiti” , “le visite” , “ i russi” , “i lavori” , "il ciclo" …..
Certo fanno sorridere ma sono il giusto compromesso per
sciogliere la tensione tra la voglia di parlarne e l’imbarazzo nel farlo.
Se le mamme sorprendono, le nonne rimangono fantastiche.
Per dire che una bambina “ era diventata signorina”
dicevano: “Ha ‘rruzzulàte le scale” ?!?
Probabilmente perché i marchesi, nelle occasioni
importanti, usavano indossare giacche rosse.
Ma anche perché prima che si inventassero gli assorbenti,
si usavano " pezze" o meglio "le
pannicijdde" (i pannicelli).
Ogni corredo degno di questo nome, doveva avere dei fazzoletti di cotone o di lino debitamente rifiniti con punto a giorno e orlati con merletto, tanto da sembrare fazzolettini, simili a quelli che i nobili usavano portare al taschino...impregnati di profumo.
Ogni corredo degno di questo nome, doveva avere dei fazzoletti di cotone o di lino debitamente rifiniti con punto a giorno e orlati con merletto, tanto da sembrare fazzolettini, simili a quelli che i nobili usavano portare al taschino...impregnati di profumo.
Per tale motivo, quando da un balcone si vedevano " le pannicijdde"
stesi in fila ad asciugare, il commento era:
"Vìde vì..... a cummare ha
fatte 'u cate d'u marchese! ".
A contrario di quanto si possa pensare, la definizione di “Marchese” travalica i confini provinciali, regionali e temporali, tanto che nella prima edizione del Dizionario della Crusca del 1612, riporta “marchese” e cita un cavalleresco verso di Francesco Berni (149779 – 1537)
“Un’eccellenza
del Signor Marchese, eterno onor del femmineo sesso”
Ma la
nonna usava anche un termine più tecnico –“ è
indisposta! ”
Non
aveva alcun significato medico, ma indicava il lato positivo di questa “scocciatura mensile”.
Credenza
popolare, infatti, vuole che “in quei giorni”
le donne devono evitare di fare buona parte delle incombenze domestiche
perchè:
Il
pane non lievita, le conserve vanno a male, la crema non si addensa, la
maionese impazzisce, la panna non monta…
se
tocchi il ferro si arrugginisce, se tocchi uno specchio si appanna, se tocchi
le piante seccano, se tocchi la botte con il vino nuovo, diventerà aceto…
Sarà
vero? Chissà!
Vero
è che questo argomento è stato trattato, e in modo sublime nella letteratura
nell’800 Giacomo Leopardi così ne
parla:
< seggiole canapè, sgabelli e mense
Letti
ed ogni altro arnese, adorneranno
Di
lor menstrua beltà gli appartamenti >
Dumas nella "La Signora delle Camelie" - descrive che la
protagonista, per segnalare la sua disponibilità usava indossare una camelia
bianca per 25 giorni al mese e una camelia rossa quando era indisposta:
< ‘e nessuno capisce perché’ > -
scriveva, ma lui capiva benissimo.
scriveva, ma lui capiva benissimo.
Finisco qui, compiaciuta di:
essere
riuscita a dire quel che volevo dire senza dire quel che non si deve dire!