Taranto non ha una particolare tradizione carnascialesca, non ha sfilate storiche, ne maschere particolari, ma l’allegoria e il divertimento si fanno sentire oggi come una volta, quando per i vicoli comparivano le “mèste Giorge” e le “scalière” accompagnati da le “donna Pernìce” per deridere signore, signorine, signorotti e signorini locali.
Donne che si travestivano da pescatori e uomini che si travestivano da “zìlate”, trainière che si travestivano da marinai, pescatori travestiti da puèppete e da furìse … insomma l’importante ieri come oggi, era osare, osare di cambiare almeno per un giorno.
Nelle tasche e nelle borse non mancavano cugghiànele (coriandoli), ma anche cumbiette rizze e cannelìine che per la gioia di grandi e piccini erano usati come coriandoli e davano vita a vere e proprie battaglie che lastricavano strìttele, postierle e làrie di colori.
E nella baldoria festiva non ci si poteva esimere dai balli.
E nella baldoria festiva non ci si poteva esimere dai balli.
Chi poteva partecipava ai veglioni organizzati al Paisiello e all’Alhambra…..
quando Taranto poteva vantare un teatro … poi qualcuno decise che a Taranto non doveva esserci un teatro, volontà che qualcun altro ha finora rispettata…..(perdonate il breve escursus fuori tema ma liberatorio, ma quanne ‘nge vò ‘nge vò e oggi è carnevale e tutto vale no?)
Dicevamo... ... ...Quando questi teatri sparirono l’usanza dei veglioni fu perpetuata dal glorioso Gran Caffè La Sem ….
I veglioni costavano, erano cose da signori e il popolino si organizzava in casa con delle festicciole alla bene e meglio.
Quello che accomunava i festeggiamenti carnascialeschi era a' sazìzze.
Giovedì grasso, l'ultima domenica e l'ultimo giorno di carnevale, il piatto forte era la salsiccia, soffritta, arrostita, nel sugo, con le rape, con le patate, in tutti i modi, tutti ne mangiavano almeno nu' cugghiunghele.
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