Continuando il viaggio tra i capi di abbigliamento non si può non parlare anche di loro...
Mutatis mutandi…. ossia come son cambiate le mutande!
Il loro nome “mutanda” deriva da questa locuzione latina che, non a caso, esorta a cambiarle…
Fino alla seconda metà del XIV° secolo nel corredo di ogni
donna “l’indumento mutanda” non esisteva.
Le donne, anche le signore dell’alta società, seguivano la moda…“sotto il
vestito niente”.
Le mutande venivano riservate alle signore freddolose o malate e le domestiche
le usavano solo durante la pulizia delle finestre.
Il perché è dovuto alla moda dei lunghi vestiti femminili dotati di larghissime
gonne, le tonnellate di sottovesti e crinoline che le sorreggevano erano
ugualmente un buona difesa, anche se talvolta accadevano incidenti come quello
narrato da Rousseau nelle Confessioni : “Potrei raccontarvi l’aneddoto di
Mademoiselle Lambercier che, per un’infelice caduta in fondo al prato, finì
lunga e distesa mostrando en plain air il suo posteriore al re di Sardegna”.
Ma, un incidente analogo accadde anche al fantomatico arciprete di lucugnano papa
Caiazzo ( don Galeazzo) che una domenica dopo aver celebrato la messa, si
affrettava ad uscire facendosi largo tra le bizzoche che spettegolavano sulla
gradinata esortandole a tornare a casa. Una di queste per far strada al
passaggio dell’arciprete, mise il piede a vuoto
e cadde ruzzolando sui gradini
della chiesa finendo gambe all’aria. Mentre si ricomponeva velocemente, l’arciprete
avendo visto tutta la scena, le si avvicinò per aiutarla a rialzarsi chiedendole se si era fatta male: "madonna arciprè agghu vistu tutti li stèdde n’cielu!" E l’arciprete
di rimando: e iu la luna a quintadecima!...
Poi arrivò “U’ cavezone” conosciuto anche
come “mutande longhe”, lungo fin sotto le ginocchia, erano composte da due
parti aperte tra le gambe e allacciate alla vita.
Le mutande della nonna!... ma che mutande... le donne di allora apparentemente portavano le mutande molte lunghe, ma, in
effetti, dove più occorreva coprirsi erano totalmente scoperte e bastava che si
sedessero un po' “scomposte” o alzassero la la “vistiscedda”,
che si scopriva tutto ciò che si voleva nascondere.
Però il loro utilizzo quotidiano rimase sino ai primi decenni del Novecento una
prerogativa di nobili e borghesi, mentre popolane e contadine continuavano a
considerarle un capo per le grandi occasioni, un optional, un lusso senza
senso. Poi piano piano, tutte si convertirono.
Il primo momento di gloria di questo capo si deve,
nel Cinquecento, a Caterina De Medici. La regina di Francia era un’abile
cavallerizza e lanciò una nuova moda di montare in sella che prevedeva
un’agilità tale per cui c’era il rischio di mettere in vista le grazie
femminili. Fu proprio questo il motivo che spinse Caterina a servirsi delle
mutande, evitando così imbarazzanti esposizioni delle “parti segrete”. Le
«briglie da culo» – così vennero chiamate – indossate dalla Regina divennero
presto un indumento diffuso tra le dame dell’epoca, che le indossavano come un
capo di lusso stravagante rendendole perciò biasimevoli e peccaminose. Ma la
moda delle mutande fu un fuoco di paglia, rimase circoscritta e limitata, e
svanì nel corso del Seicento e Settecento, secoli nei quali scomparvero anche
dal guardaroba della nobiltà.
Dobbiamo arrivare all’Ottocento per sentire di nuovo parlare di mutande. In
questo secolo esse avevano lo scopo di coprire il corpo e custodire il riserbo
delle donne. Erano gli anni del decoro borghese, la cosiddetta pruderie, che
bandiva ogni forma di sessualità sia nelle maniere che nelle apparenze. La
mania del decoro e di coprire tutto ciò che poteva essere coperto provocò la
diffusione di mutandoni, lunghi fino alle caviglie, guarniti di merletti. E quando
all’inizio del Novecento (con lo scoppio della Grande Guerra), il gentil sesso
si tolse busto e corsetti e iniziò ad accorciare le gonne per sentirsi più
agili, le mutande divennero indispensabili e anch’esse, progressivamente si
ridussero: i mutandoni, adattandosi al nuovo abbigliamento salivano sempre più
in alto, un’evoluzione che porterà, pian piano l’indumento a trasformarsi in
quelle mutandine o slip di cui oggi non si può più fare a meno. Insomma la
mutanda prima di adottare le odierne caratteristiche, con le sue forme e i suoi
colori ha dovuto subire diverse rivoluzioni della moda e del costume, che solo
di riflesso condizionarono il capo di abbigliamento intimo.
Negli anni
Cinquanta, grazie anche all’immissione sul mercato di tessuti duttili e a basso
costo, la diffusione degli slip divenne inarrestabile e la moda dell’intimo un
vero e proprio fenomeno multiforme, infatti, nel guardaroba di una signora
potevano esserci numerosi pezzi di mutandine che spaziavano per stile, colori e
tessuti. Dobbiamo arrivare agli anni Sessanta e Settanta perché la donna si
focalizzi definitivamente sulla mutande o slip come capo irrinunciabile per
svariati motivi: igiene, decenza ed estetica.