domenica 21 maggio 2017

La voce delle campane



 "Domenica è sempre domenica,
si sveglia la città con le campane.
AI primo din-don del Gianicolo
Sant'Angelo risponde din-don-dan"



Questi i versi di una canzone di qualche anno fa, quando le campane erano importanti, scandivano le giornate:
all'alba suonavano "l'Ave Maria"
a mezzogiorno suonavano "l'Angelo"
al tramonto suonavano "il Vespro"
la sera suonavano  "l'Ora di notte"

Segnali che invitavano anche alla preghiera: ci si segnava con il segno della croce e si recitavano tre "Ave" e qualche giaculatoria.

Le campane avvertivano tutti di tutto quello che succedeva in paese, annunciando gioia, dolore,  morte e pericolo  imminente, solo con dei rintocchi:
rintocco a messa, per richiamare i fedeli
rintocco a festa, per annunciare il giorno di festa
rintocco a gloria, a Pasqua annuncia la Resurrezione del Signore
rintocco a martello per avvertire di un pericolo imminente
rintocco a morto, accompagna i funerali.


Ma solo a Taranto si potevano ascoltare le campane che suonavano 'a Foròre e 'a Merveràte.

'A Foròre ( letteralmente " la  fuori  ora")
A mezzanotte del martedì grasso, l'allegria assordante del Carnevale veniva fermata dalla  campana  più  alta  della  Cattedrale  di  S.  Cataldo  che suonava  un tocco  a  morte annunciando  la fine del Carnevale e l'inizio della Quaresima.
I  fedeli  a quell’ora  portavano in Chiesa le palme benedette dell’anno precedente, dove venivano bruciate e utilizzate nella funzione religiosa del mercoledì delle Ceneri.

'A Merveràte ( letteralmente l'imberverata )
E' il termine comunemente usato per indicare il mezzogiorno, immortalato da Diego Marturano nei versi di  'U Relogge d'a Chiazze:
Me ne turnave a ccase chiù cundende,
all'ore ca sunave Merveràte,
scenneve a scappe e fusce d'a chiancate:
'a scambanate m'a purtave 'u vijende.
e da Antonio Torro nella poesia A San Catàvete:  
‘U cambanile! Merverate sone…
Cè vocia canusciute… ‘a voce vole:
- Ce tene mange - dice ‘u cambanone -
e ce no’ tene spanne ‘a vendre ô sole.

In realtà ogni giorno alle 11:30 le campane della Cattedrale di San Cataldo suonavano il rintocco a messa, che annunciavano la funzione in memoria della famiglia Imberverato, un'antica famiglia patrizia tarantina che aveva lasciato tutti i suoi averi alla Diocesi di Taranto, chiedendo in cambio la celebrazione quotidiana di una messa in Cattedrale, alle 11:30, in suffragio dei defunti della famiglia.
La  campana  della  Torre  dell’Orologio ( per i Tarantini:  'U relogge d'a chiazze) preannunciava la funzione e avvertiva nel contempo la popolazione che mancava mezz’ora a mezzogiorno.
Col passaredegli anni la  cerimonia religiosa  fu effettuata  solo la domenica e nei  giorni  festivi, anche se le campane continuarono per un pezzo a suonare giornalmente dalle undici e trenta a mezzogiorno.

Oggi le campane suonano molto meno, non le ascolta più nessuno e se per caso ci capita di sentirle, ci lamentiamo per l'inquinamento acustico! Quando invece dovremmo imparare ad ascoltarle... tutte!



martedì 9 maggio 2017

Ori e Tesori di San Cataldo

San Cataldo è il  nostro Patrono ma anche il  titolare del cosiddetto " Tesoro di San Cataldo" composto da ori,argenti e tesori di considerevole valore, custoditi al Mu.Di. (museo diocesano di arte sacra) di Taranto.
Questa storia inizia il 10 maggio 1071 quando, mentre procedevano gli scavi per la riedificazione della Cattedrale distrutta dai saraceni nel 927, fu rinvenuto un sarcofago di marmo da cui proveniva un profumo inebriante, contenente un corpo in perfetto stato di conservazione che aveva sul petto una Crocetta pettorale in oro recante l'incisione " CATALDUS ".


Fernando Ruiz de Castro, conte de Lemos, vicerè spagnolo a Napoli,
il 18 maggio 1600, donò al Capitolo Metropolitano di Taranto, di cui il fratello Giovanni de Castro era Arcivescovo, un anello e una collana con croce pettorale in oro e smeraldi, destinati al nostro Santo Patrono San Cataldo.




Del tesoro fanno parte anche opere d'arte come:

  • Il Crocifisso medievale in avorio, di scuola fiamminga;
  • un parato di candelieri con applicazioni in corallo e lapislazzuli di manifattura trapanese;
  • un evangelario in pergamena;
  • un rarissimo esempio di arazzo in bisso;
  • reliquiari tra cui quello contenente la lingua del Santo.
  • arredi e  corredi d’altare in avorio e madreperla.

E per finire, il pezzo forte della  collezione, l'oggetto che non delude la fama che lo precede,

IL TOPAZIO DI SAN CATALDO

Il 5 giugno 1936, la signorina Angela Latagliata, donò all'Arcidiocesi di Taranto un topazio di dimensioni straordinarie e di inestimabile valore che, nella parte anteriore,riporta l'incisione mezzo busto di Gesù che spezza il pane.
Si trattava del " topazio di Ferdinando II " noto in tutto il mondo per grandezza, bellezza e vicissitudini.
La sua storia inizia nel Regno di Napoli  del XIX secolo, quando, dal Brasile, giunse alla corte dei Borbone un topazio giallo paglierino del peso di circa 4 kg.

Re Ferdinando II (1810-1859) decise di dividerlo in due parti per realizzare due portelli per i tabernacoli:
  • uno per la Cappella Palatina a Caserta, con l'incisione del Redentore benedicente;
  • l'altro per la Chiesa di S. Francesco di Paola a Napoli, con l'incisione del Cristo che spezza il pane.
Gli incisori del Real Laboratorio delle pietre dure di Napoli, a cui fu affidato il lavoro, dopo i primi tentativi rinunciarono all'impresa.
Il 15 aprile 1852 Re Ferdinando affidò  al famoso artista Andrea Cariello (1807-1870) il compito di realizzare il bassorilievo del Cristo che spezza il pane. Cariello accettò dietro compenso di 15 ducati per 18 mesi.
Ma la pietra era difficile da lavorare e il lavoro durò ben dieci anni. Re Ferdinando, morì nel 1859 e non vide la realizzazione dell'opera che fu consegnata nel 1862.
Un'opera di precisione ed espressività che a lavoro finito  misura 182 mm di altezza per  144 mm di larghezza e 72 mm di spessore per un peso di 1,591 kg.
Il maestro Carriello sollecitò le autorità perchè gli fosse corrisposto il compenso dovuto e propose di diventarne il proprietario.
La proposta fu accolta il 20 ottobre 1865 in cambio della rinuncia ad ogni ricompensa da parte del Carriello.
Nel 1870 alla morte del maestro, il topazio passò ai suoi eredi che lo fecero conoscere in tutto il mondo. Agli inizi del Novecento venne esposto a Chicago e nel 1906 alla Mostra internazionale di Piazza d'Armi a Milano, prima di essere acquistato, a Napoli, da un patrizio tarantino, il marchese don Francesco Ciura.
Per circostanze difficili da ricostruire, nel 1914 il topazio viene messo all'asta dal Tribunale civile e penale di Taranto dove viene acquistato dall'avv. Raffaele Latagliata per la somma di 108.500 lire.
Nel 1936 l'ultima discendente della famiglia Latagliata, donò il topazio all'arcidiocesi di Taranto.


In realtà esiste un'altro pezzo del tesoro di San Cataldo che si trova nel palazzo dei Normanni a Palermo, si tratta del pastorale.
da un Inventario del 1309, (pergamena della Cappella Palatina) trattasi di un pastoral appartenuto a S. Cataldo Vescovo di Taranto, decorato, nel XII sec. con false pietre preziose ottenute in laboratorio.
E' stato recuperato e restaurato nel 1981.


Se volete sapere e vedere altro, fatevi un giro al Mu.Di. ....
sarà il modo migliore per perdere il vostro tempo.