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Palazzo Santacroce - Taranto |
La Taranto degli ultimi decenni dell’Ottocento era una città con tanti problemi.
Non
esistevano veri e propri partiti politici”, bensì associazioni: quella
Progressista Pro-Taranto del conte on. Pietro D’Ayala Valva e quella
Democratica dell’on. Nicola Lo Re che tramavano nei Consigli comunali e
sugli scranni del parlamento per accaparrarsi promesse e quattrini del
Regno.
Borghesia e nobiltà si arricchivano alle spalle della città appoggiando i politici.Gli imprenditori, avventurieri, inerti e paurosi, speculavano su tutto e su tutti;
Il popolo stanco e affamato anelava quello stipendio sicuro a fine mese che non aveva mai visto e che gli veniva prospettato.
Mondi diversi uniti da un sogno imposto: Taranto capitale militare d’Italia.

Sindaco di Taranto dal 31 marzo 1875 al 29 aprile 1876 - fondò il primo istituto di credito: la Cassa Tarantina dell’Industria e del Commercio, una cosa nuova per Taranto.
Le sue ambizioni politiche, però, lo coinvolsero a tal punto da portarlo a dilapidare le sue risorse e i depositi della Cassa di risparmio da lui fondata.
Come se non bastasse, vennero fuori delle cambiali, a quanto pare false ma con la firma del barone. Uno scandalo che impaurì e sfiduciò i risparmiatori che, preccupati per i loro capitali, si allontanarono dalla Cassa.
Il 29 giugno 1882 il Parlamento italiano decise la costruzione del Regio Arsenale.
Un susseguirsi di eventi che minarono le sicurezze e demolirono ogni speranza, portando il barone ad allontanarsi da Taranto.
Il 2 luglio 1882 era nella stazione si Napoli a pensare alle sue sconfitte mentre fumava un sigaro che andava in fumo e svaniva, come i suoi sogni. Pensieri che, insieme alla solitudine e alla disperazione, gli dettero la forza di impugnare la pistola e porre fine alla sua vita, sparandosi un colpo di pistola alla tempia, decretando la sua sconfitta.
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