venerdì 31 dicembre 2010

U' Cenone


Il 2010 va via, oggi è l'ultimo giorno dell’anno e cosa facciamo? CUCINIAMO !!!  eh sì, bisogna preparare il cenone di stasera,  e dopo aver saccheggiato i supermercati ora mettiamo sottosopra la cucina preparando di tutto.
E siccome Ogni munne è paìse  (primordiale concetto della moderna e tanto declamata “globalizzazione”)
Mentre i polentoni provano a preparare anguille, capitoni, baccalà, struffoli e carteddate; i terroni si cimentano a preparare tortelli, zamponi, cotechini, mazzancolle, panettoni,  per sorprendere gli ospiti con qualcosa di “diverso” .
Qualcuno poi si porta oltre confine azzardando  sushi, sashimi, ramen, tempura,  ma anche  tandoori, samosa, e nachos, tacos, guacamole………….Belle cose,  e soprattutto buone!
A questo caos culinario si sovrappone quello linguistico dei  mercati dove  stamattina gridavano ancora così:
cozze allattamate,  le muzzarelle de mare picce!
javatune, cozzagnacule, oschere ’nguraddáte de sotta Napule e de sotta Bare!
spuènze e nnúce d’u Pezzóne!
Secce,  caure e trigghije p’u raù d’a visciglie!
Cu stè caggiune varvarùle no puè mangià da sule!
 Murene, murene,  jiate a ci le tene!
A rascia a come vuè a’ face!
mugnele de le Caggiune!
a’ spunzàle p’u baccalà!
accie e fenucchie pe sobbratàule!
Un colorito linguaggio dialettale tarantino  che racchiude i prodotti tipici del cenone di una volta:
per antipasto i frutti di mare: cozze nere, cozze pelose, javatune, cozzagnacule, oschere, cueccele addelessate cu l’uegghie e limone, peperusse salate e marangiane sott’acìte sazizze ascuande, pruvelone .
Come primi: sagnette c’u capitone, padrenostre cu’ le cozze,  rosamarine cu’ baccalà, mugnele ‘zettute a u’ tièste cu a vendresche.
Per secondo: capetone arrustute, angiedde a l’acredoce, ceccie o’ furne , cozze arraganate,  baccalà fritte cu a spunzàle, cozze fritte cu’ l’ove.
Il tutto accompagnato dalle pettole.
Non mancavano, lupine, mennele, nucedde,  nuce, pistidde, castagne d‘u prevete e fiche accucchiate .
Poi c’era la frutta:  marànge, mandarine depalasciàne, sète, uva,
E per finirei dolci  sanacchiudere, carteddate,  diende de San Geseppe,  purcedduzze, taràdde cu ccannèlle, jaròfene e vvainíglie ….
E ancora….. nu bicchirine de vermut,  na tazze de cafè e nu bicchirine di resolie.
E poi?.............. BUON ANNO A TUTTI!!!!!

domenica 26 dicembre 2010

Le leggende su Santo Stefano

Il giorno dopo Natale si festeggia Santo Stefano la cui leggenda viene rappresentata nel Presepe da Anastasia... Stefania... Tecla... insomma, una giovane donna con un bambino in braccio, simbologia che unisce le varie leggende.
< Ai tempi della nascita di Gesù le ragazze nubili, non potevano andare a far visita alle partorienti.
Una ragazzina, aveva sentito parlare della nascita del “Messia” in una grotta, e vedeva che tante persone andavano alla capanna. Tutto questo accese la sua curiosità, e il  gran desiderio di andare ad assistere all’evento.
Dato che “curiosità aguzza l’ingegno” – la furba ragazzina  prese degli stracci e  li arrotolò dandogli la forma di un neonato in fasce, lo coprì con uno scialle e si mischiò nella folla dei pellegrini.
Arrivata alla capanna trovò all'ingresso due sorveglianti che gli chiesero cosa portava nello scialle, allora la Madonna si accorse dell'imbarazzo della giovane ed esclamò:  "Benvenuto, Stefano di pezza" - realizzando il miracolo: gli stracci si erano trasformati in un bel bambino>

 Altra versione vuole che:

<... la ragazzina arrivata alla capanna, entrò ad ammirare il Bambinello, si inginocchiò e rimase in adorazione  di quel Bambino biondo dalla pelle candida.
Quando si rialzò per andare via, sentì un pianto di bambino provenire dal fagottello di stracci, alzò lo scialle e si accorse di avere tra le braccia un bimbo. La Madonna allora esclamò: "Benvenuto Stefano di pezza". La meraviglia e lo stupore si rasformarono in un  pianto di felicità e tutti festeggiarono Stefano di pezza.>

Un altra versione narra che:

< Una ragazza molto povera che non sapendo cosa donare a Gesù, costruì una bambola di stracci per farlo giocare, quando la Madonna la pose accanto al Bambinello, la bambola cominciò a muoversi e la Madonna gli dette il nome di Stefano di pezza...>

Ma Santo Stefano non nasce solo dagli stracci. Si narra anche che:

< Una giovane donna che non poteva avere figli, per andare a vedere Gesù avvolse delle pietre nei panni e avvolse il tutto con uno scialle. Arrivata alla capanna ammirò il Baminello e ad un certo punto sentì muoversi il fagottello di pietre che aveva in braccio, sollevò lo scialle e si accorse che al posto delle pietre c'era un bel bambino -  La Madonna le disse: " ecco Stefano il tuo bambino, ma sappi che dalle pietre è nato e per le pietre morirà" -

Da grande Stefano divenne discepolo di Gesù, non rinnegò mai la sua fede per la quale fu il primo ad essere condannato e morire per lapidazione  mentre lui pregava Dio perchè la sua uccisione non fosse imputata a coloro che lo stavano colpendo.>  


Buon Santo Stefano a tutti.



mercoledì 22 dicembre 2010

Il Presepe


A Natale si usa fare anche il Presepe.
Nell’ambientazione del Presepe si riproduce l’avvenimento della nascita di Gesù, viene rappresentata la vita quotidiana, fatta di stenti e di miseria. ma a volte sontuosa e opulenta.
Si ha così una scenografia talmente vicina alla realtà che finisce con l’appassionare sia i poveri che i ricchi. I primi vivono la Natività come momento di speranza per migliorare la loro povera esistenza. Gli altri proiettano nella Sacra Rappresentazione la loro opulenza nella speranza di guadagnare, in questo modo, un posto in Paradiso. Il Presepe è il nostro mondo ideale.
Nel presepe non c’è violenza e vicino al pettirosso si può mettere il gatto, accanto all'agnellino il lupo, perchè il mondo del presepe è un mondo di pace.
Costruire il presepe è un lavoro a più mani, un viaggio a piú voci condotto nel cuore della tradizione, delle leggende popolari e dei sogni.
Intorno al Presepe nascono storie e leggende favolose che vengono narrate, in parallelo, anche dalla viva voce di coloro che, ogni Natale, costruiscono, recitano, vivono il presepe.
Il presepe è fisso come una foto­grafia: vuole immortalare l’attimo in cui, secondo la tra­dizione, il tempo si fermò e fu un grande silenzio su tutta la terra, perché a Betlemme era nato Gesù: un Dio bambino -
Questo avvenimento così familiare e umano che colpisce la fantasia di tutti rendendo meno oscuro il mistero di un Dio che si fa uomo.
 Nella rappresentazione della natività, che ogni anno avviene tramite il presepe, tutto è simbologia. Nessuna delle figure occupa casualmente la sua posizione nel presepe.

I simboli indispensabili del presepe sono:
la stalla  che rappresenta la povertà e la miseria.
Maria e Giuseppe rappresentati in atteggiamento di adorazione proprio per sottolineare la regalita' dell'infante.
Maria simbolo di purezza e di sottomissione alla volontà di Dio.
Giuseppe è l'intelletto: anziché essere geloso e ripudiare Maria si inchina a Dio accettandone la volontà.
Il Bue rappresenta il principio generativo (è simbolo della fertilità e fecondità in Egitto), la forza
L'asino invece raffigura la personalità, la natura inferiore dell'uomo.
I pastori come l'umanita' da redimere.
Le pecore sono simbolo di onestà, candore, ingenuità.
I cani rappresentano la fedeltà appassionata, fino al sacrificio.
i Magi il cui numero di tre, ne permette una duplice interpretazione, quali rappresentanti delle tre eta' dell'uomo: gioventu', maturita' e vecchiaia,  e delle tre razze in cui si divide l'umanita'
Nei Presepi più tradizionali I Magi vengono rappresentati a dorso di cavallo.
I cavalli dei Magi infatti, devono essere dei tre colori, bianco, rosso, nero perché vanno ad identificare l’arco della giornata: bianco l’aurora, rosso il mezzogiorno, nero la notte.
In alcuni presepi si può osservare che con i re Magi, c’è una figura femminile “la Re Magia” che era la sposa del Re moro (Melchiorre) e viaggiava con loro in portantina sorretta da quattro schiavi. Questa figura rappresentava la luna che segue il viaggio notturno dei cavalieri.
Nei Presepi “moderni” I Magi viaggiano in groppa a cammelli.
I cammelli che volte i Magi cavalcano,  simboleggiano la resistenza e la tenacia.
i doni dei Magi sono interpretati con riferimento alla duplice natura di Gesu' e alla sua regalita': l' incenso, per la sua Divinita', la mirra, per il suo essere uomo, l'oro perche' dono riservato ai re.
La stella cometa, indica la luce, la retta via da seguire.
Tra i pastori una figura particolare è quella di Benino, il pastorello immerso nel sonno. Essa non è posta lì a caso,  qui il sonno non è lo stato fisiologico, nel quale l’organismo recupera le forze di cui ha fatto dispendio nel corso del giorno. Qui il sonno indica, per analogia, il torpore delle coscienze, che la venuta del Messia risveglia.  

Tra gli abitanti del presepe poi vi sono i rappresentanti dei vari mestieri:
I fornai, venditori di  pane, elemento indispensabile di nutrimento e di vita – come Gesù  è nutrimento della tradizione cristiana.
Il calzolaio  che  costruisce e ripara le scarpe che accompagnano sempre l'uomo nel cammino della vita.

E i vari venditori... Ogni attività commerciale è associata a un determinato periodo dell'anno, anzi a un ben preciso mese. L'associazione è dovuta alla stagionalità propria di ogni attività. Pertanto abbiamo che:

il macellaio e il salumiere rappresentano gennaio;
il venditore di ricotta, febbraio;
il venditore di pollame, marzo;
il venditore di uova, aprile;
il venditore di ciliege, maggio;
il venditore di farina, giugno;
il venditore di ortaggi e di pomodori, luglio;
il cocomeraio, agosto;
il venditore di fichi, settembre;
il vinaio, ottobre;
il venditore di castagne, novembre;
il pescivendolo, dicembre.

In ogni presepe poi non devono mancare:
il mulino che trasforma il grano in farina indispensabile per fare il pane.
la fontana  da cui sgorga l'acqua,
il pozzo da cui si attinge l'acqua, fonte di vita.
il ponte simbolo di passaggio dalla morte alla vita, di unione tra l'uomo e Dio, di divisione tra il bene e il male.

Tutti questi simboli fanno pensare ad opere grandi con dispendio di tempo e di denaro, ma ci sono miniature bellissime che richiedono poco spazio e poca spesa. In realtà quello che conta è raccontare il presepe e tramandarne la tradizione.


martedì 21 dicembre 2010

L' Albero di Natale


Simbolo per antonomasia del Natale, il famoso albero scintillante e splendente, è l’elemento che al di la di ogni fede religiosa, rappresenta la festa in ogni casa.
L’albero si presenta adorno di luci e illuminazioni, decorazioni, fili illuminazioni e sfere colorate, addobbi di gioia che, riscaldando il cuore delle persone, evocano tradizioni pagane legate alla fertilità e alla procreazione,  solo dal Medioevo, questa conifera è stata consacrata anche a rappresentare l’evento della nascita del Bambino Divino, quindi al Natale Cristiano.
Intorno all'origine dell'albero di Natale sono nate molte leggende, alcune a sfondo religioso raccontano che:

< L'abete era uno degli alberi dal giardino dell'Eden l’albero della Vita le cui foglie si avvizzirono ad aghi quando Eva colse il frutto proibito e non fiorì più fino alla notte in cui nacque Gesù Bambino.

Un'altra leggenda narra che quando Adamo ed Eva furono cacciati dal paradiso, Adamo portò con sé un ramoscello dell'albero del bene e del male con lui dall'Eden. Questo ramoscello più tardi divenne l'abete che fu usato per l'albero di Natale e per la Santa Croce.
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Per quanto riguarda invece gli addobbi dell’albero di natale, esistono altre leggende.
Una ci dice che:

< a Betlemme c'era un artista di strada molto povero che non aveva nemmeno un dono per il Bambino Gesù, ma volle andarci lo stesso,  così andò da Gesù e fece ciò che sapeva fare meglio, il giocoliere, e lo fece ridere.
Questo è il perché ogni anno sull'albero di Natale appendiamo le Palle colorate - per ricordarci delle risate di Gesù Bambino.


Ma la più bella leggenda sull'albero di Natale racconta che:

< In un villaggio di campagna, la Vigilia di Natale, un ragazzino si recò nel bosco alla ricerca di un ceppo si quercia da bruciare nel camino, come voleva la tradizione. Si attardò più del previsto e, venuto il buio, non seppe ritrovare la strada per tornare a casa. Per giunta cominciò a cadere una fitta neve.
Il ragazzo si sentì assalire dall'angoscia e pensò a come, nei mesi precedenti, aveva atteso quel Natale, che forse non avrebbe potuto festeggiare.
Nel bosco, ormai spoglio di foglie, vide un albero ancora verdeggiante e si riparò dalla neve sotto di esso: era un abete. Il piccolo cominciò a sentirsi stanco quindi si addormentò raggomitolandosi ai piedi del tronco. L'albero, intenerito, abbassò i suoi rami fino a far toccare loro il suolo in modo da proteggere dalla neve e dal freddo il bambino.
La mattina il bimbo si svegliò, sentì in lontananza le voci degli abitanti del villaggio che si erano messi alla sua ricerca e, uscito dal suo riparo, poté riabbracciare i suoi compaesani. Solo allora tutti si accorsero del meraviglioso spettacolo che si presentava davanti ai loro occhi: la neve caduta nella notte, posandosi sui rami frondosi, aveva formato dei festoni, delle decorazioni e dei cristalli che, alla luce del sole dell'alba, sembravano luci sfavillanti, di uno splendore incomparabile.

In ricordo di quel fatto, l'abete venne adottato a simbolo del Natale e da allora in tutte le case viene addobbato ed illuminato, quasi per riprodurre lo spettacolo che gli abitanti del piccolo villaggio videro in quel lontano giorno.

Da quello stesso giorno gli abeti nelle foreste hanno mantenuto, inoltre, la caratteristica di avere i rami pendenti verso terra.
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venerdì 17 dicembre 2010

Venerdì 17

Buongiooooooooooooooornooooooooo !
Come va in questo Venerdì 17 ?
Lo sò... ignoranza... tutte chiacchiere ... non è vero ... non siamo superstiziosi...  
si, si.... certo:
…non ci credete (ma utilizzate lo sciopero dei mezzi pubblici per non uscire di casa)
...... a voi porta bene (ma per oggi avete disdetto tutti gli appuntamenti )
.... che la fortuna e la sfortuna  sono nelle nostre mani ( le mani con cui vi state grattando).
Per una volta diciamolo che sotto sotto ci crediamo....che ci fa bene!
Ma perché ironizzare?! E’ incontestabile che pur fingendo di non credere, tutti noi attribuiamo significati magici a certi eventi…
<Non è vero ma ci credo> (Benedetto Croce docet)
La superstizione del 17 ha notoriamente origine durante l’Impero romano. Infatti 17 o XVII in numeri romani,  anagrammato diventa VIXI  che in latino è un verbo al tempo perfetto che tradotto in italiano vuol dire vissi (e magari ora non più… quindi già morto!).
Già per questo ci sarebbe da ricorrere alla scaramanzia, se si pensa poi che  il diluvio universale, secondo l’Antico Testamento, iniziò il 17° giorno del secondo mese e si concluse il 17° giorno del settimo mese… le cose si complicano.
Le dicerie, senza confini definiti, individuano nel Venerdì un giorno – dì e notte - in cui è preferibile rinchiudersi in casa. Tra i più famosi detti, ricordiamo:
Né di Venere né di Marte, non si sposa né si parte, né si dà principio all’arte. 
La notte del Venerdì è inoltre conosciuta come notte delle streghe in molte fiabe e tradizioni popolari
E’ dal 1307 che il 17 se la litiga con il 13 sulla vera data di un evento storico,  perché accadde un venerdì  del mese di ottobre dell’Anno Domini 1307, che Filippo il Bello diede ordine di uccidere i Templari  ( e sicuramente in quell’occasione qualche maledizione fu lanciata).
A dire il vero, però, le due cifre se la litigano per folklore popolare: perché la data della  drastica fine dell’ordine ispirato da Bernardo di Chiaravalle  è ormai storicamente riconosciuta nel 13 ottobre 1307.
Me c’è dell’altro… Luigi XVII  non divenne mai Re di Francia,  inciampò nella Rivoluzione Francese e nel 1795, malaticcio e cagionevole, morì carcerato nella prigione del Tempio (che peraltro fu in precedenza luogo sacro dei Templari).
Comunque superstizione o no, fatto sta che
- sugli aeromobili Alitalia non esiste il posto 17 mentre,
- per quanto riguarda le autostrade,  la A17 Napoli-Bari è stata  cancellata delle mappe italiane nel 1973, anno in cui venne inclusa dalla A16  Lanciano-Canossa.
-Nel settore autommobilistico è da notare che la Renault R17 in Italia venne commercializzata come R177.
-In molti alberghi non esiste la stanza "17" - (come nei paesi filo anglosassoni non esiste la stanza "13")
 Il "venerdì 17" viene considerato il giorno sfortunato per antonomasia, perché le influenze nefaste del 17 si uniscono a quelle del venerdì,  giorno in cui avvenne la passione di Gesù Cristo.
Ma ogni anno che si rispetti, ha il suo venerdì 17. .. e se vi volete prepararvi all’evento in modo consono,  consultate questa tabella  che  indica i mesi che contengono un venerdì 17, in funzione del giorno della settimana con cui inizia l'anno.

Primo giorno          Mesi con un venerdì 17             Mesi con un venerdì 17
   dell'anno             se l'anno non è bisestile             se l'anno è bisestile
lunedì                          agosto                                          maggio
martedì                       maggio                                          ottobre
mercoledì                   gennaio, ottobre                             gennaio, aprile, luglio
giovedì                       aprile, luglio                                    settembre, dicembre
venerdì                       settembre, dicembre                       giugno
sabato                        giugno                                             marzo, novembre
domenica                   febbraio, marzo, novembre              febbraio, agosto

AH! Un ultimo consiglio!
Questa notte sarebbe sconsigliato uscire, è la notte delle streghe..., ma se proprio dovete, ricordatevi almeno di mettere in tasca un pelo di cane...preferibilmente rosso...
...e domani è un altro giorno!



mercoledì 8 dicembre 2010

A' 'Mmaculate


L’Immacolata è il secondo appuntamento dei Tarantini col Natale.
Il 7 e l'8 dicembre per i tarantini sono "i giorni della Madonna". In questi due giorni tutto diventa "della Madonna". La vigilia è giorno di digiuno: "u' disciùne d'a Madonne"; il digiuno si rompe al tramonto del sole come vuole tradizione: "sole trasùte disciùne finìte" , e può essere interrotto solo per mangiare una specie di pagnotta soffice detta 'u miscetàle d'a Madonne" (termine che deriva da una deformazione di vigitale, ossia della Vigilia).
Ma Taranto ha conosciuto anche "nu' terramòte d'a Madonne" ... anzi due:

come recita il De Vincentiis:


"La notte tra il 7 e l’8 dicembre del 1710, verso le 4:30  del mattino, uno spaventoso terremoto ruinò su Taranto, mentre l’immagine della Vergine era esposta per la sua festa” , durante il quale la città “fu preservata dalla ruina e tutto il popolo durante la notte corse devoto a venerare e ringraziare la Madonna, nella chiesa di S. Francesco d’Assisi (oggi nota come caserma Rossarol) a renderle grazie ed impetrarne l’assistenza”. 

 Interpretando il fatto come segno divino e, per giunta, avvenuto alla vigilia dell’Immacolata, il popolo chiese ed ottenne dal sindaco dell’epoca, Giovanni Capitignano, che la Vergine fosse proclamata Protettrice della città.
Il notaio Antonio Catapano, così trascrisse quella miracolosa notte, descritta dalla viva voce del sindaco:

“ Nel mentre si stava solennizzando la Sua festa, dentro la chiesa del venerabile convento dei frati minori conventuali dell’ordine di San Francesco d’Assisi, dove si ritrovava una congregatione di special devoti sotto il titolo di detta Vergine Immaculata, e tenendosi la Sua veneranda statua esposta in mezzo di detta venerabile chiesa a concorso del suo popolo devoto, con prieghi di ottenere sempre le Sue gratie dal Suo Unigenito Figliuolo Christo Signor Nostro, verso le hore quattro e mezzo di notte, succedette una scossa di terremoto, così durabile e strepitosa che atterrì non solo la città tutta, ma anco il contorno, non mai succeduta, né intesa negli secoli trascorsi, al che all’hora istessa, al suono di campane di tutte le chiese d’essa città, il popolo tutto per la devozione suddetta, con tutto che la terra scuoteva, concorse nella detta chiesa di detta Vergine Immaculata a cercar gratie di far placare con la Sua intercessione l’ira e castigo di Dio Benedetto, che imminentemente si vedeva l’orribilità di detto terremoto. E nel mentre, con grandissime lacrime, e dimostrationi d’atti di penitenza, che tutt’attendevano alla santa confessione, non mancando li riverendi padri sacerdoti sì d’esso convento, come degl’altri si vidde impetrare da essa Vergine la gratia, con liberarci instantaneamente da tal castigo d’orrendo terremoto”

La città in un “pubblico parlamento del 23 dicembre del 1710 deliberò di eleggere a compatrona l’Immacolata La cittadinanza, nella persona del sindaco, si impegnò ad offrire in perpetuo l’8 dicembre di ogni anno, due torce di cera di tre libre ciascuna da far ardere davanti la statua.
 Questo avvenimento istituzionalizzò la pratica del digiuno  e della penitenza, da parte del popolo, e della processione ad opera della confraternita.

All’intervento dell’Immacolata si attribuì anche la la preservazione  della città dal terribile  terremoto che colpì Taranto il 20 febbraio 1743. Anche in questo frangente, l’allora sindaco Scipione Marrese volle istituire in perpetuo,  un triduo di penitenza con una serie di prediche e l’intervento ufficiale degli amministratori cittadini, alla processione dell’Immacolata, da tenersi nel febbraio di ogni anno.

Il 12 febbraio 1943, in occasione del 200° anniversario del terremoto del 1743, l’Arcivescovo Mons. Ferdinando Bernardi fece eleggere L’immacolata patrona della città di Taranto.