Una volta non c'era.... la stanza da bagno.
Cosa per noi impensabile, ma era così ed era così per tutti, ricchi e poveri.
A corredo delle stanze da letto c'erano oggetti per l'igiene personale:
La brocca per l'acqua e il catino ('u vacìle) per lavarsi, il pitale ('u renàle) e il cantaro ('u prìse) per i bisogni fisiologici notturni.


Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne "Il Gattopardo" così racconta della "stanza dei pitali" adibita per la festa a palazzo Salina
"Le loro visite a una cameretta trascurata, a livello della loggia dell’orchestra, si facevano più frequenti: in essa era disposta in bell’ordine una ventina di vasti pitali, a quell’ora quasi tutti colmi, alcuni sciabordanti per terra."

Questa l'immagine corrispondente immortalata da Luchino Visconti nell'omonimo film.
Gabriel Garcìa Marquez - in "Cent'anni di solitudine" ci parla di una stanza "dei settantadue pitali" - comprati da Mame quando invita a casa le compagne di collegio - in cui rimarrà intrappolato lo spirito di Melqìades.
Una volta non c'era neanche la rete fognaria ...
I "vasi da notte" venivano svuotati in modi diversi a seconda del luogo:
- in campagna, dentro fossi ('u rummate) poco distanti dall'abitazione;

Nelle zone interne, che non avevano queste possibilità si utilizzava il servizio "d'a carrizze", ossia di un carrobotte trainato da un asinello, che passava tra i vicoli dove lo attendevano per svuotare i pitali.
Nel periodo di Ferdinando di Borbone che i pitali venivano chiamati "zìpeppe" anche chi svolgeva il lavoro di "carrizzàre" veniva chiamato allo stesso modo.
Si trattava di poveretti che facevano questo lavoro per campare e spesso non avevano abbastanza cibo per sfamare il povero animale che spesso era malandato tanto che, per indicare una persona con molti acciacchi, si usa il detto:
" pare 'u ciucce de zìpeppe, cu 99 male e 'a cota fràcete"
Ma a tal proposito esiste anche nu cùnde:

"Zipeppe aveva un asinello tanto malandato che decise di venderlo e comprarsi un asino più giovane e sano. Si recò a Martina e mentre girava per la fiera riconobbe un raglio, si girò e vide il suo vecchio asinello che, pulito rifocillato e bardato a dovere era in fiera in cerca di un nuovo padrone. Contento di vederlo gli si avvicinò, lo accarezzò e gli sussurrò all'orecchio:
<Fatt'accattà da cì no' te canòsce!>...
Frase che i tarantini usano per indicare chi, come il fantomatico ciuccio, millantano capacità che non hanno.
Con l'avvicinari dell'undici giugno, di ciucci di Zipeppe bardati e raglianti ne vedremo e ne sentiremo tanti..... e a tutti vorrei gridare:
Facìtev'accattà da cì no' ve canòsce!!!