domenica 15 maggio 2011

Caffè con "C" ed "M"

Dopo aver parlato del parrucchiere e del rito di “farsi fare i capelli”, vorrei parlare di un altro rito giornaliero: quello del caffè.
Quanti modi di preparare un caffè, c’è l’imbarazzo della scelta!  
• Caffè normale, ristretto, lungo
• Caffè ristretto macchiato caldo, ristretto macchiato freddo
• Caffè lungo macchiato caldo, lungo macchiato freddo
• Caffè ristretto macchiato caldo senza schiuma,etto macchiato schiumato
• Caffè normale schiumato
• Caffè normale macchiato caldo,
• Caffè normale macchiato freddo
• Caffè normale macchiato caldo con un pò di latte freddo
• Caffè ristretto in tazza grande
• Caffè ristretto in tazza grande macchiato freddo/caldo
• Caffè lungo in tazza grande (macchiato caldo/freddo/con acqua calda/fredda)
• Caffè americano
• Caffè normale con acqua calda/fredda
• Caffè normale con un cubetto di ghiaccio
• Caffè ristrettissimo con poco latte, ristrettissimo con tanto latte       
• Caffè ristretto in vetro, in vetro macchiato caldo
• Caffè in vetro, macchiato caldo/freddo, con acqua calda a parte, lungo)
• Caffè in tazza fredda, in tazza bollente
• Caffè bollente,  macchiato caldissimo
• Caffè in tazza grande con panna
• Caffè corretto grappa, whisky, Fernet, anice
• Caffè corretto schiuma
• Caffè ristretto in tazza fredda, ristretto in tazza bollente
• Espresso
• Espresso, ristretto,  molto lungo
• Brodo nero & caffè al volo
• Caffè corto, caffè basso
• Caffè macchiato lungo con acqua calda a parte
• Caffè lungo molto macchiato
• Goccia di caffè con crema di latte (paperino)
• Goccia di caffè con latte senza schiuma
• Caffè marocchino
• Caffè macchiato con cacao
• Caffè doppio
• Caffè doppio ristretto/lungo
• Caffè doppio macchiato caldo/freddo
• Caffè doppio ristretto (con latte freddo a parte)
• Una spremuta di brasil
• Una spremuta di arabica
• Caffè con cacao, con nuvoletta
• Caffè spumato
• Una spremuta di chicchi
• Un caffè con la barba
• Un americano macchiato
• Caffè francese
• Caffè al volo
• Un caffè leggero                                                                                                                                                                               • • Caffé con fiocco di panna                                                                                                           

• Caffè al ginseng, alla cannella, al cardamomo
Bevanda gradita ad ogni ora del giorno e in ogni occasione, a casa o al bar, per iniziare le relazioni sociali o per rompere il ghiaccio, per fare una pausa o per concludere un affare, per avere più grinta o per fermarsi a riflettere, il caffè è uno dei piaceri  della vita. E’ un rituale irrinunciabile da osservare diligentemente appena alzati, bevendolo  mentre si guarda il cielo della giornata, ascoltando le notizie del telegiornale del mattino, leggendo l’oroscopo. E’ il cerimoniale dell’ospitalità e dell’ accoglienza.
Charles Maurice de Talleyrand diceva: 
“Il caffè deve essere caldo come l’inferno,nero come il diavolo,puro come un angelo,dolce come l’amore”
Ben diverso e affascinante il proverbio turco che lo definisce:
nero come l’inferno forte come la morte, dolce come l’amore.
Come si dice, il caffè va gustato tenendo fede alle “3C” : “ comodo , carico e caldo”...
comodo - perché  va sorseggiato con calma stando seduti
carico -  perché deve essere forte e corposo
caldo – perché  va bevuto bollente
Ma le  tre C sintetizzano metaforicamente anche i requisiti dell’uomo da sposare… (Comodo - accomodante, Carico -  forte,   Caldo - appassionato );
 o più prosaicamente sono tradotte, dai napoletani   in “ Comme Ca22’ Coce”  (come brucia!).
Alle tre C di base, se ne possono aggiungere altre “accessorie”, perché il caffè, secondo i gusti può essere bevuto ”corretto” e secondo le opportunità “in compagnia”.
Ma se tutti conoscono le “3C”, non tutti invece conoscono l’esistenza delle “3M”:
Miscela –  ci sono vari tipi di caffè che sapientemente miscelati  danno vita a sapori unici e aromi inconfondibili.
Macchinetta –  dalla cuccuma o ciucculatèra alla napoletana alla moka fino alle moderne macchine “espresso”
Malizia- è quella infinita serie di accorgimenti che ognuno di noi acquisisce con l'esperienza e con l'amore per questa deliziosa bevanda. Malizia nel modo di macinare il minimo quantitativo di caffè, per evitarne la dispersione dell'aroma... di lavare la macchina del caffè…  di servire il caffè in tazze calde…  insomma, malizia in tutto.                                
Uno degli oggetti più affascinanti della mia infanzia era proprio lui  “ ‘u macinine”  - che trasformava i chicchi di caffè in polvere.
Usato da mia nonna ogni mattina e ogni volta che dovevamo fare il caffè che compravamo in chicchi che poi venivano macinati, volta per volta.
Ogni mattina era bello sentire il classico rumore del macinino e il bellissimo profumo che i chicchi appena macinati lasciavano nell’aria.
Io ero piccola e il caffè non lo bevevo ancora, ma appena possibile, mi piaceva rubare un chicco di caffè e tenerlo in bocca, gustandone aroma e profumo, mentre chiedevo alla nonna di farmi provare a macinare.
La nonna dopo i primi giri, che richiedevano più forza ed energia , mi faceva sedere vicino a lei, mi metteva il macinino sulle ginocchia e mi faceva “divertire” dicendomi come fare, mi sembra quasi di risentire le sue parole: <...No girà a' simèrse... cà se ròmpe!>
Il macinino della nonna era in legno, con una manovella a mano e un cassettino dove si raccoglieva la miscela tritata.
Certo nella sua lunga vita, 'u macinine da' nonne ha tritato caffè,  ma anche surrogati.
In tempo di guerra, quando c’era “la tessera” -  il caffè si vendeva di contrabbando, a caro prezzo, contando i chicchi, si usava arrangiarsi con surrogati artigianali. A prescindere dal caffè d'orzo, ancora oggi apprezzato da molti, i surrogati erano tanti a seconda della fantasia e disponibilità: radici di cicoria essiccata e tostata, fichi secchi, castagne, noci, arachidi, lupini, ceci,  fagioli,  dòleche (cicerchia).
Il caffè “originale” si usava solo per le feste e quando arrivavano ospiti, e la posa non si buttava, ma si faceva asciugare e si miscelava al surrogato per “aromatizzarlo”.
Oggi  ‘u macinine d’a nonne” è “in pensione”  e si spara la posa di oggetto d’antiquariato, un cimelio che la zia conserva gelosamente, ed io spero un giorno di poter “ereditare”.
Il caffè è ottimo amaro ma di solito viene zuccherato. Ma l'azione di "addolcire" il caffè non è solo una questione di gusto.
Oggi sui banconi dei bar troviamo i cestini con le bustine monodose di zucchero raffinato, zucchero di canna, dolcificante, ma ricordo che un po di tempo fa,  la reginetta del bancone dei bar  era la cara vecchia zuccheriera.
Ci si serviva col cucchiaino lungo che con un preciso meccanismo a bilancino, alzava il coperchio della zuccheriera, sempre generosamente pronta ad addolcire le nostre ordinazioni… Un cucchiaino, mezzo, un quarto, due terzi, una punta, mezza punta,una puntina … tacco e punta ...
Era semplice, divertente, pratico ed economico, perchè non prendevi mai più zucchero di quanto, obiettivamente, ne occorreva. Ma era anche un momento che poteva rivelarsi galante e che i “marpioni” di turno non si facevano sfuggire. Appena adocchiata la donna sola che aspettava tranquillamente il caffè che aveva ordinato, …lo sconosciuto di turno si avvicinava con disinvoltura e appena il barista arrivava con la tazzina di caffè,  con aria  sorpresa, come se si accorgesse solo in quel momento della presenza femminile, colto da un servizievole scrupolo di coscienza, si precipitava ad afferrare il cucchiaino della zuccheriera e con fare da tombeur ( trombeur) de femmes  chiedeva: < quanto ne metto, signorina?>   
Cosa rispondere?   <Mezzo!!!>…<un quarto!!!> ... <Una punta!!!>  
 Meglio limitarsi ad un semplice sorriso e accettare la galanteria senza equivoci con un semplice <un cucchiaino, grazie> - e poi troncare  l’approccio dicendo  che siamo di fretta….e sgattaiolare fuori, sperando che il tizio non  ci segua!
Ma quando ho cominciato a gustare il caffè amaro…è finito anche questo rituale imbarazzante perché  dopo il  <grazie , lo  bevo amaro>… l’approccio fallisce  sul nascere….e i bollenti spiriti…congelati, e nello sguardo dello sconosciuto si legge: “Oh! questa non me l’aspettavo!”
Ho potuto constatare che una persona che beve il caffè amaro, viene guardata con sospetto e ammirazione e scatena osservazioni del tipo: “Nooooo!”… “Ma come fai?”…   “Ma niente niente proprio?....”Che coraggio!!!”  e gli epicurei della psicologia spicciola, credendosi Froid azzardano: “Pensa che carattere!!!”… i nuovi peripatetici filosofi di strada invece, sospirando sentenziano il loro:”…è tanto amara la vita”…
Macchè! Nessuna implicazione gene-psico-filosofico-attitudinale, solo una sana voglia di bere una tazza caffè…senza fretta...chiudendo gli occhi e gustandone prima il profumo, poi sorseggiarlo assaporandone il gusto denso e aromatico… e con tutti questi ingredienti … non c’è bisogno di zucchero!
Il caffè misura anche i ritmi della vita:
...se ristretto, ingoiato velocemente, quasi senza accorgersene
...se amaro, fa strizzare gli occhi
...se macchiato, induce alla scarpetta 
ma ora comincia a far caldo, il tempo cambia, anche i tempi del caffè diventano i tempi del ...caffè in ghiaccio.
La tazzina lascia il posto al bicchiere con cubetti di ghiaccio, zucchero (o latte di mandorla) e… Caffè.
 A differenza dell’espresso, da bere bollente stando in piedi al bancone del bar, il caffè in ghiaccio deve rispettare dei tempi e l’attesa è una filosofia, è un'interpretazione del tempo che scorre sciogliendo il ghiaccio che lentamente  si unisce al caffè, …  ci vuole tempo.
Il caffè in ghiaccio è un caffè dai  tempi lenti, con gli occhi in contemplazione nei cubetti di ghiaccio prima di sorseggiare  il caffè  che scende liscio come dissetante acqua, eppure è Caffè...
Gustando estasiati tale delizia, capita anche di esclamare: < Jàte a ci l'ha 'nvintàte!>...
Questa bella idea illuminò Antonio Quarta, al secolo don Antonio, che in quel di Lecce,  pitturava volte e pareti colorandole e decorandole con angeli, puttini e amorini, pensando alla sua passione…il caffè, e al suo sogno… un bar, per ristorare la gente con un buon caffè.
Nel 1946, subito dopo la seconda guerra mondiale, appena ne ebbe l’occasione, appese al chiodo tavolozza, pennelli e colori e aprì un bar  - L’”AVIO BAR”, vicino al Teatro Politeama.
Lo chiamò “Avio” perché il locale era frequentato principalmente dagli avieri dell’aeroporto di Galatina, in onore dei quali usò anche il colore della divisa per la confezione della sua miscela.
Con un tostino a mano ella portata di 5 chili,  preparò con caffè centroamericani,  la prima miscela “Avio” (denominazione del bar, nonché marchio della ditta), e con una macchina a leva produsse un caffè fragrante e cremoso.
Negli anni ‘50   l’”Avio bar” è ormai un punto di riferimento e di incontro a Lecce.
Per rinfrescare i clienti si usava il caffè freddo, preparato in grande quantità e conservato in frigo, ma  durante il giorno quel caffè si inacidiva  o comunque perdeva la fragranza iniziale.
Antonio si accorse che  ci voleva  una bevanda che  tonificasse e attenuasse la sete durante le lunghe estati salentine - così,  ideò la sua ricetta: fece il caffè normalmente, lo zuccherò e poi lo versò ancora bollente in un bicchiere dove aveva messo in precedenza alcuni pezzi di ghiaccio secco, staccati con il punteruolo dai grande blocchi che egli stesso produceva in una sua fabbrichetta.
Così nacque  il famoso caffè in ghiaccio,  e fu un successo, che ha portato Antonio Quarta, la  sua miscela e  il suo “Bar Avio”  a pieno titolo nella storia del caffè.

E per concludere questo  post bisogna parlare del Kopi Luwak ...
Se avete visto “Non è mai troppo tardi” , il film con Jack Nicholson e Morgan Freeman, avete già capito che sto parlando di caffè, anzi del caffè  più buono, più raro e più costoso del mondo.
Non è una miscela di caffè pregiati … arabica … robusta …
Non è il real messicano, il blue brasiliano o il gold peruviano...
... viene dall’Indonesia e trattasi di caffe “riciclato” Il cui gusto originale è dovuto al particolare tipo di “torrefazione”.  
Mi spiego meglio:
In Indonesia esiste un animale chiamato luwak – trattasi dello zibetto chiamato anche “civetta delle palme”  o “civetta del caffè”  –  un roditore ghiotto di caffè, va alla ricerca delle bacche più rosse per farsene delle scorpacciate, poi, dopo averle digerite le “rilascia” sul terreno. I chicchi evacuati,  che a contatto coi succhi gastrici dell’animale, si arricchiscono di enzimi zuccherini che conferiscono una “tostatura naturale”, vengono raccolti e tostati.
La naturalezza fisiologica del “procedimento”  non  spiega un prezzo di  €  500,00 / kg – ma la risaputa “stitichezza” dell’animale, che consente di produrne circa 250 kg / anno – devia la curva economica della domanda e dell’offerta capitolando a favore di una peristalsi di mercato e conseguente impennata del prezzo.  
 Probabilmente qualcuno lo avrà già assaggiato. I Lino’s coffee lo stanno proponendo già dall’anno scorso …Gold coffee … animal coffee  … gourmet coffee beverage … caffè indonesiano … caffè della civetta …
chiamiamolo come vogliamo, ma pur costando da 5 a 9 euro a tazzina, sempre caffè di   m_ r _ a     è!

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